Come di consueto, alla fine dell’anno l’Agenzia Fides pubblica l’elenco degli operatori pastorali impegnati in attività missionaria che hanno perso la vita in modo violento nel corso del 2007. Secondo le informazioni in nostro possesso, quest’anno sono stati uccisi 21 tra sacerdoti, religiosi, religiose e seminaristi, tre in meno rispetto all’anno precedente e quattro in meno rispetto a due anni fa. Come sempre negli ultimi tempi, il conteggio di Fides non riguarda solo i missionari ad gentes in senso stretto, ma tutti gli operatori pastorali morti in modo violento o che hanno sacrificato la vita consapevoli del rischio che correvano, pur di non abbandonare il proprio impegno di testimonianza e di carità. “Non bisogna mai disgiungere l'impegno sociale della carità dall'annuncio coraggioso della fede… carità e annuncio vanno sempre insieme” ha ricordato Papa Benedetto XVI delineando la figura di Santo Stefano (udienza generale del 10 gennaio 2007).
Non usiamo di proposito il termine “martiri”, per non entrare minimamente in merito al giudizio che la Chiesa potrà eventualmente dare su alcuni di loro, e anche per la scarsità di notizie che, nella maggior parte dei casi, si riesce a raccogliere sulla loro vita e perfino sulle circostanze della loro morte. Li proponiamo comunque al ricordo ed al suffragio di tutti, proprio perché il sacrificio della loro vita non sia dimenticato, e perché ognuno di loro, in misura diversa, ha offerto il suo contributo alla crescita della Chiesa in diverse parti del mondo. Come ha recentemente ricordato Papa Benedetto XVI, “Se amare Cristo e i fratelli non va considerato come qualcosa di accessorio e di superficiale, ma piuttosto lo scopo vero ed ultimo di tutta la nostra esistenza, occorre saper operare scelte di fondo, essere disposti a radicali rinunce, se necessario sino al martirio. Oggi, come ieri, la vita del cristiano esige il coraggio di andare contro corrente, di amare come Gesù, che è giunto sino al sacrificio di sé sulla croce.” (Visita pastorale a Velletri, 23 settembre 2007).
Tutti questi operatori pastorali senza dubbio avevano fatto una scelta radicale: essere testimoni dell’Amore di Dio in realtà spesso dominate dalla violenza, dal degrado, dalla povertà materiale e spirituale, dalla mancanza di rispetto della dignità e dei diritti dell’uomo. Anche quest’anno i corpi senza vita di alcuni di loro sono stati trovati ore o giorni dopo il decesso, vittime – almeno in apparenza - di aggressioni, rapine e furti che colpiscono indiscriminatamente la popolazione presso cui prestavano il loro servizio pastorale e che vengono sempre più spesso denunciati a voce alta dalla Chiesa locale e dalle Conferenze Episcopali. E’ il caso del missionario novantenne padre Mario Bianco, morto a Manizales (Colombia) in seguito alle conseguenze di una aggressione di alcuni banditi alla ricerca di soldi e oggetti di valore. O ancora di padre Fernando Sanchez Duran, parroco nei pressi di Città del Messico, noto per il suo impegno a favore dei giovani tossicodipendenti, sequestrato e ucciso, mentre dalla parrocchia sono scomparsi con lui un’automobile, un televisore ed un computer. Il missionario padre Ricardo Junious è stato rinvenuto all'interno della casa canonica della parrocchia con mani e piedi legati, morto per strangolamento e con evidenti segni di tortura. Molto apprezzato per il suo impegno missionario, per il suo zelo pastorale e per l’assistenza ai poveri, si era particolarmente impegnato per contrastare il traffico di droga e la vendita degli alcolici ai minorenni. Ricordiamo ancora padre Allard Msheyene, dei Missionari Oblati di Maria Immacolata (Omi), sudafricano, ucciso in seguito all’aggressione subita per il furto della sua automobile. Le rapine stradali in Sudafrica sono una vera piaga: oltre 12.000 l’anno, con un picco di 16.000 registrato nel 1998. Un altro esempio di altruismo e di generosità viene da don Nicholaspillai Packiyaranjith, coordinatore del "Jesuit Refugee Service" nel distretto di Mannar (Sri Lanka), che è rimasto ucciso dall’esplosione di una bomba piazzata sulla strada che il sacerdote percorreva per portare assistenza al campo rifugiati e all’orfanotrofio di Vidathalvu. Come dimenticare poi la testimonianza dell’unica religiosa morta violentemente nel 2007, Suor Anne Thole, che non è stata uccisa dalla mano dell’uomo, ma ha sacrificato la sua vita nel tentativo di salvare quella degli altri. Dopo aver messo in salvo cinque malati di Aids dall’incendio che stava distruggendo la struttura dove erano ricoverati, suor Anne è voluta tornare indietro per portare fuori anche gli altri tre, ma il soffitto è crollato uccidendola. “Possiamo ancora salvarne qualcuno” sono state le sue ultime parole mentre si avventurava tra le fiamme.(continua) [CO] |